1837 – Smart technologies e geolocalizzazione: le targhe incendio
Dal grande incendio di Londra del 1666, descritto da Samuel Pepys e altri scrittori in maniera meticolosa, molta acqua era passata sotto i ponti, ma non tutta era servita a spegnere il fuoco. L’incendio che nel settembre di quell’anno devastò per cinque lunghi giorni la capitale inglese, a partire dalla bottega di un fornaio a Pudding Lane, forse per colpa di una domestica sbadata e di alcuni tizzoni che appiccarono il fuoco a una catasta di legna, fece il padrone a casa d’altri. Si trattava pur sempre di abitazioni di legno e paglia, così vicine che due persone affacciate alla finestra potevano stringersi la mano. Nelle cantine dei negozi erano accatastati barili di materiali infiammabili. L’incendio uccise 70000 persone e distrusse i due terzi della città, inclusa la cattedrale di St. Paul. In quegli anni, infatti, non esisteva un servizio pubblico per lo spegnimento degli incendi. I governi europei, in memoria di quell’evento così catastrofico, cercarono di convincere i cittadini a prendere misure preventive e incoraggiarono la costruzione di edifici in pietra o in mattoni. Tuttavia, la maggioranza delle case continuò a essere edificata in legno e argilla, e la cultura della prevenzione non si affermò. Per una capillare diffusione dell’assicurazione contro gli incendi dobbiamo aspettare ancora un po’, almeno fino ai primi decenni dell’Ottocento.
Le compagnie di assicurazione trovarono una soluzione efficace: le targhe incendio. Questo sistema era stato introdotto per la prima volta in Inghilterra nel XVII secolo, e da lì si era diffuso in tutta Europa. Nella penisola italiana, la prima compagnia a usare le targhe era stata l’Azienda Assicuratrice, fondata a Trieste nel 1822 da Giuseppe Lazzaro Morpurgo, fondatore di lì a poco anche di Generali, che pure le impiegò fin dalla sua istituzione nel 1831.
La compagnia si impegnò in questo ramo con lo spirito dei pionieri, unito a un approccio scientifico e innovativo. Sostenne la formazione di corpi di pompieri cittadini, raccolse dati statistici e classificò gli edifici in sette classi, in base alle loro caratteristiche, da case con muri e tetto in pietra a case tutte in legno. Quindi gli agenti della compagnia entrarono in azione consegnando le placche di metallo agli assicurati, che le applicarono sull’uscio dei loro palazzi, rendendoli facilmente riconoscibili. Era una sorta di sistema di geo-localizzazione, benché ancora “analogico”. Sulle case e i palazzi di tutta Europa spiccavano le targhe incendio: in ottone o latta, ovali o rettangolari, nere, blu, rosse, d’oro, con aquile bicipiti o leoni alati, in italiano, tedesco e sloveno, croato e ungherese, greco e altre lingue. Come delle sentinelle, proteggevano gli immobili assicurati, in tempi in cui i casi di incendio erano molto frequenti.
L’uso di queste targhe era un vantaggio non solo per i proprietari degli immobili assicurati, ma anche per le proprietà confinanti, dato che si riduceva il rischio di propagazione delle fiamme. Un vantaggio, questo, per la sicurezza di tutta la comunità. Le targhe contribuirono così a proteggere il patrimonio edilizio delle città dai danni incalcolabili di eventuali incendi, a migliorare l’ordine pubblico, e a diffondere, finalmente, quella cultura della prevenzione che era mancata agli albori della lotta contro il fuoco.
Nel suo lungo e intenso periodo di impegno antincendio, Generali non si risparmiò. Fu protagonista di risarcimenti epocali, come quello per il Teatro La Fenice di Venezia nel 1836. Non era la prima volta che la Fenice risorgeva dalle ceneri (la prima fu nel 1792, quando sostituì il Teatro di San Benedetto distrutto da un incendio), ma a seguito di tale drammatica esperienza, Generali ridefinì le proprie tariffe per i teatri e negli anni seguenti assicurò quelli di Trieste, Fiume, Graz, Tyrnau in Stiria, Praga, Spalato e Ragusa, nonché il San Carlo di Napoli. Coprì simili rischi anche nel mondo, come nel caso del teatro di Melbourne. Non c’è da stupirsi quindi se, tra fine Ottocento e inizio Novecento, la compagnia divenne leader del settore: i valori assicurati, il volume dei premi incassati e quello dei risarcimenti pagati costituirono oltre il 20% del totale nazionale. Per fare un esempio, nel 1906 Generali assicurava contro i danni incendio valori per oltre 7 miliardi di lire, i premi incassati ammontavano a più di 8 milioni, mentre i risarcimenti pagati furono pari a 5 milioni e mezzo, collocandosi così al primo posto della classifica nazionale di settore.
L’Archivio Storico Generali conserva una nutrita raccolta di targhe incendio. Non dimentichiamoci infatti che, per il loro pregio artistico, le targhe incendio sono patrimonio culturale diffuso e sono esibite in musei e collezioni di tutto il mondo. Ancora oggi, alzando la testa mentre passeggiamo, può capitare di scorgerne alcune. Spuntano sopra gli usci dei palazzi, contro il cielo azzurro, con l’effige della compagnia in primo piano.